1. Uso "off-label" dei farmaci

 
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I farmaci "off-label" sono medicinali utilizzati per indicazioni non autorizzate (letteralmente si tratta della prescrizione di farmaci “fuori-etichetta”) allo scopo di soddisfare le esigenze particolari di una persona. Si tratta di una pratica relativamente comune: circa il 40-60% di tutti i farmaci viene prescritto "off-label" (diversamente dall’indicazione terapeutica prevista, secondo dosi diverse, diversamente dalle modalità di somministrazione previste, per una popolazione diversa, ecc.). Non tutte le malattie rare hanno la fortuna di beneficiare di un medicinale specifico, autorizzato e ben valutato, e l’utilizzo "off-label" di altri farmaci può aiutare molti pazienti. Ma quando un farmaco viene utilizzato frequentemente come "off-label", sarebbe più giusto avviare una sperimentazione clinica anziché continuare con questa pratica, altrimenti il suo “nuovo” utilizzo non sarà mai riconosciuto. L’uso "off-label" può avere degli effetti collaterali diversi ed un’efficacia diversa rispetto a un farmaco autorizzato e l'utilizzatore dovrebbe essere consapevole di ciò ed essere in grado di informare tempestivamente il proprio medico curante.

L’uso "off-label" non può essere promosso da un’azienda farmaceutica, che rischia di essere multata per questo. Spesso l'utilizzo off-label riguarda molecole già note e utilizzate da tempo e per le quali determinate evidenze scientifiche suggerirebbero un uso razionale anche in situazioni cliniche non previste dalla scheda tecnica e nel foglietto illustrativo dei farmaci.

Un esempio è rappresentato dal fattore ricombinante VIIa (NovoSeven®, commercializzato dall’azienda danese Novo Nordisk A/S) indicato nella cura dell’emofilia. L’Università di Stanford ha visto aumentare l’uso di questo farmaco di 125 volte tra il 2000 e il 2008, sebbene gli emofilici lo abbiano utilizzato solo per il 4%. Il farmaco, che costa 10.000 dollari a dose, è stato usato nel trattamento dei pazienti sottoposti a chirurgia cardiaca e postraumatica e nel trattamento di emorragie cerebrali non connesse all'emofilia. I ricercatori di Stanford sostengono che tale utilizzo esponga i pazienti a rischio di infarto e ictus, poiché il farmaco potrebbe causare gravi eventi tromboembolici.

La Dott.ssa Veronica Yank, prima autrice di uno dei due nuovi studi sul farmaco, sostiene che poiché questa molecola è un potente agente di coagulazione, il suo utilizzo "off-label" può nuocere gravemente alla salute dei pazienti, senza fornire alcun beneficio reale.

La Dott.ssa Yank e i suoi colleghi ritengono che i medici dovrebbero essere molto cauti nel prescrivere questo farmaco, almeno fino a quando la ricerca non avrà dimostrato come, in determinati casi, il suo uso sia appropriato.

Gli studi, pubblicati il 19 aprile 2011 sugli “Annals of Internal Medicine”, sono accompagnati da un commento da parte dei ricercatori della Medical School di Harvard, che afferma che la ricerca offre “dati interessanti circa l'utilizzo illegittimo, l’inutilità e la periocolosità di questo costoso trattamento”.

Gli studi sono stati finanziati dalla “US Agency for Healthcare Quality and Research” dopo che la ricerca precedente aveva sollevato dubbi sull’aumento di eventi tromboembolici a causa dell’RF7a. L'agenzia ha chiesto una valutazione di cinque usi off-label dell’RF7a: chirurgia cardiaca, emorragia intracranica, traumi fisici e cerebrali, trapianto di fegato e chirurgia della prostata.

FONTE: Stanford University School of Medicine, pubblicazione del 18 aprile 2011, HealthDay, Copyright (c) 2011 HealthDay. Tutti i diritti riservati http://www.nlm.nih.gov/medlineplus/news/fullstory_111100.html (until 17.07.11).


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